L’enfer

Quando si parla di letteratura francese subito i nomi più importanti e conosciuti si parano davanti agli occhi della mente, evocando le storie e i personaggi fuoriusciti da siffatte penne: Dumas, Hugo, Voltaire, Racine, Molière e compagnia cantante. Io per prima mi perdo nel ricordo dell’entusiasmo che scatenò in me la lettura della Trilogia dei Moschettieri, o della meraviglia scoppiettante, innescata come un fuoco d’artificio dal teatro seicentesco francese.
C’è tuttavia un angolino della mente, malizioso e coquin, che subito volge il proprio sguardo verso altri nomi e altre storie. In generale questa letteratura, celata da setosi veli di mistero e da ferree cortine di censura, nel corso dei secoli è stata deplorata, perseguitata e severamente condannata. Paradossalmente, ma nemmeno tanto, è stato questo sapore di proibito, oltre che gli stessi contenuti, a garantirne la longevità e il successo nel tempo. Si sta parlando, senza indugiare oltre, della letteratura erotica e pornografica. Quella di matrice francese ha un certo fascino pepato che forse manca alle produzioni anglosassoni quali “Fanny Hill – Memoirs of a woman of pleasure” (e nessuno mi toglierà mai dalla testa l’idea che sia il fratello maggiore di “Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders”) o “Sodom, or the Quintessence of Debauchery“. Questo per restare nell’ambito del XVII e XVIII secolo. Se si prendono in considerazione opere più recenti è innegabile riconoscere il valore letterario di”Tropico del cancro” (che guarda un po’ è ambientato a Parigi), “Tropico del capricorno”, “L’amante di Lady Chatterley” e, perché no, di un libriccino breve ma intenso, “Sculacciando la cameriera” di Robert Coover.

Olympia-Manet-analisi
Olympia, Manet, 1863, Museo d’Orsay, Parigi

Ovviamente non è questo il luogo per un dibattito approfondito sulla letteratura erotica lato sensu, anche perché allora si dovrebbe spostare l’incipit del discorso all’antica Grecia, o ancor prima. Piuttosto focalizziamo l’attenzione sul genere in lingua francese, che costituisce, chissà perché, gran parte del corpus letterario erotico. Dopotutto la Francia la sa lunga su questo argomento: non è un caso che quelle che per noi sono vere e proprie istituzioni come il Moulin Rouge o Les folies bergères siano nate come luoghi di piacere; e basta pensare all’invenzione delle invenzioni, il bidet, la cui fortuna, specialmente in Italia, è stata garantita dall’uso quotidiano che se ne faceva nelle case chiuse francesi.

La Francia del ‘500 apprese la lectio magistralis del Boccaccio in modo esemplare, tanto che addirittura la regina Margherita di Navarra si cimentò nel genere, producendo l’ “Heptameron”. Era il tempo dell’Aretino, la cui fama giunse fino oltralpe, avendo un’eco tale che nel 1655 venne pubblicato un volumetto di autore anonimo conosciuto come “L’Escole des filles ou la philosophie des dames”, comunemente considerato come il capostipite della letteratura pornografica francese: un dialogo tra due cugine in cui la maggiore, dietro richiesta di un giovanotto, istruisce la più piccola sui segreti dell’ars amandi e la convince a concedersi al suddetto ragazzo. Vi lascio immaginare quale scandalo fu la pubblicazione di un tomo di tale tenore. L’editore, tale Millot, si diede alla macchia mentre i suoi beni furono confiscati, comprese tutte le copie del libro, e lui fu condannato al rogo in effigie. Qui il link a Google books e alla traduzione inglese dell’opera.
Un altro dialogo degno di essere nominato è “Aloisiæ Sigeæ, Toletanæ, Satyra sotadica de arcanis amoris et Veneris”, di Nicolas Chorier, sullo stesso genere del primo e posteriore temporalmente. Li ho letti entrambi e posso testimoniare che sono di una noia mortale.

Il secolo dei lumi vanta dei nomi illustri che si cimentarono nella letteratura di genere erotico-pornografico. Ad esempio Diderot, che con il suo “I gioielli indiscreti” attribuì uno scopo più alto alla pornografia letteraria: mediante l’espediente lubrico della vagina parlante, egli diede voce alla verità nuda e cruda, ovvero mostrò i vizi più sordidi delle classi sociali, riportandoli senza mezzi termini, in quella che risulta essere un’allegoria pesante e in generale costruita con uno stile che non entusiasma.
I romanzi libertini erano molto in voga, a quel tempo. Vi è familiare il titolo “Le relazioni pericolose”? Sì, il film dell’88 con Malkovich, Pfeiffer e Thurman è tratto proprio da un’opera del 1782, scritta da Choderlos de Laclos.
Non mi dilungo troppo su De Sade. Non potrei aggiungere nulla di nuovo a quanto è già stato detto e scritto. Mi limito solo a constatarne la totale illeggibilità. Ho provato diverse volte ad andare oltre la decima o quindicesima pagina di “Le 120 giornate di Sodoma”, più perché il Divin Marchese, è proprio il caso di dirlo, lo vergò mentre era imprigionato nella Bastiglia che per autentico interesse.

L’800 parla di erotismo più efficacemente con linguaggio pittorico che scritto: l’Olympia e il Déjeuner sur l’herbe di Manet penso non abbiano bisogno di presentazioni. Più che di narrativa (a parte “Gamiani, ou deux nuits d’excès” del 1833, attribuito a de Musset) preferisco dunque parlare di poesia erotica e pornografica che, in Francia, ha il suo apice con Baudelaire e con la corrente dei poètes maudits. Mi preme specialmente riportare in lingua originale la lirica, scritta a quattro mani da Rimbaud e Verlaine: “Le sonnet du trou du cul”

Obscur et froncé comme un oeillet violet
Il respire, humblement tapi parmi la mousse
Humide encor d’amour qui suit la pente douce
Des fesses blanches jusqu’au bord de son ourlet.

Des filaments pareils à des larmes de lait
Ont pleuré, sous l’autan cruel qui les repousse,
À travers de petits caillots de marne rousse,
Pour s’en aller où la pente les appelait.

Ma bouche s’accoupla souvent à sa ventouse ;
Mon âme, du coït matériel jalouse,
En fit son larmier fauve et son nid de sanglots.

C’est l’olive pâmée, et la flûte caline ;
C’est le tube où descend la céleste praline :
Chanaan féminin dans les moiteurs éclos!

NIHIL ADDENDUM.
Insieme alla pietra miliare rappresentata da Colette in tutta la sua poliedrica valenza artistica, è Apollinaire a segnare il suo passaggio nel genere con due capisaldi: “Le prodezze di un giovane Dongiovanni”, che ebbi tra le mani a diciassette anni e che non esitai a condividere con la mia migliore amica. Dottissime dissertazioni in merito animarono poi i nostri pomeriggi domenicali di studentesse di liceo classico, avvezze ormai alle cavalline capricciose di Anacreonte, alle belle giovinette cantate da Saffo e alle famigerate gesta erotiche (non me ne voglia Battiato) di Zeus, che hanno causato più danni che altro. Di recente ho leggiucchiato poi “Le undicimila verghe”, sempre di Apollinaire, cadendo addormentata durante la traversata di numerosi passi.
Il resto fa parte di una cultura popolare oramai consolidata: “Histoire d’O” che ho conosciuto prima per i disegni di Crepax che per altro, “L’amante” di Marguerite Duras, fornitomi da mia madre quando avevo sedici anni e “Il delta di Venere”, della Nin, mai letto, e che quindi cito solo per completezza.

Non che la letteratura erotica e pornografica brilli per originalità. Personalmente la ritengo un genere estremamente soporifero e ripetitivo, ma vale pur sempre la pena sperimentarla e crearsi una propria opinione. Per quel che mi riguarda, il mio viaggio in questo tipo di lettere è stato dettato dallo spirito goliardico che anima le letture dell’adolescenza, specie se si viene iniziati al genere tra i banchi di scuola, perché il programma di latino prevede diverse ore dedicate ai capricci di Lesbia e ai coloriti insulti di Catullo.
Vale la pena conoscere i vari modi in cui l’atto più ancestrale del mondo può essere narrato in tutte le sue declinazioni (e sono proprio tante!).

Ora il lettore si domanderà il perché del titolo di quest’articolo.
Strizzando l’occhio a “Une saison en enfer” del mio amatissimo Rimbaud, riporto la definizione del vocabolario Treccani online :

Enfer ‘Sezione riservata’ della Bibliothèque nationale de France di Parigi, costituita ai primi del 19° sec. per ordine di Napoleone, contenente libri erotici un tempo dati in lettura solo per comprovati motivi di studio. Il termine (in Italia, Inferno) è usato in altre biblioteche pubbliche per indicare reparti analoghi.

Chi scrive altro non ha fatto che dare a De amore gallico il suo proprio piccolo enfer per solleticare la vostra curiosità.

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