Gli ebrei del papa: quando la diaspora seguì la ferula e parlò francese

La diaspora ebraica ha avuto contorni e storia estremamente variegati: la nascita di due grandi gruppi nel seno di una stessa radice etnica e culturale condizionata dalla distanza geografica (Ashkenaziti e Sefarditi, nomi derivanti da Ashkenaz, che in lingua ebraica indica la regione germanica – ergo tutta l’Europa del nord, nord-est, e da Sefarad, ovvero la Spagna – quindi tutta l’area mediterranea), le variazioni di riti religiosi che sussistono tutt’oggi, la differenza di trattamento da parte dei goyim, i gentili, a seconda che fossero cristiani o musulmani.
Si sa che è a Roma la comunità ebraica più antica d’Europa: gli israeliti si insediarono sin da subito sulle sponde del Tevere, all’altezza di Trastevere, per poi spostarsi successivamente – sotto coercizione papale – dall’altra parte del fiume, verso l’isola Tiberina, laddove oggi c’è la ben nota via del Portico d’Ottavia, che brulica di vita all’ombra del bel Tempio Maggiore.

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Il ghetto di Roma visto dal Portico di Ottavia

Forse è più noto il ghetto di Venezia, sia per il ruolo storico che esso ha avuto, relativamente allo sviluppo economico e commerciale della Serenissima, sia per la commedia shakespeariana “The merchant of Venice“, una delle mie preferite, dove si trova il monologo dell’ebreo Shylock:

To bait fish withal. If it will feed nothing else, it will feed my revenge. He hath disgraced me and hindered me half a million, laughed at my losses, mocked at my gains, scorned my nation, thwarted my bargains, cooled my friends, heated mine enemies—and what’s his reason? I am a Jew. Hath not a Jew eyes? Hath not a Jew hands, organs, dimensions, senses, affections, passions? Fed with the same food, hurt with the same weapons, subject to the same diseases, healed by the same means, warmed and cooled by the same winter and summer as a Christian is? If you prick us, do we not bleed? If you tickle us, do we not laugh? If you poison us, do we not die? And if you wrong us, shall we not revenge? If we are like you in the rest, we will resemble you in that. If a Jew wrong a Christian, what is his humility? Revenge. If a Christian wrong a Jew, what should his sufferance be by Christian example? Why, revenge. The villainy you teach me I will execute—and it shall go hard but I will better the instruction.

L’Inghilterra, che ospitava comunità sin dall’arrivo di Guglielmo il Conquistatore nel 1066, mal li sopportava, tant’è che Shakespeare scrisse “The merchant of Venice” in un momento di particolare astio nei confronti degli israeliti insediati in terra britannica. Tuttavia era Shakespeare antisemita? Il ritratto che ne fa è piuttosto una caricatura, un fantoccio messo sul palco più per ridicolizzare gli antisemiti e le loro convinzioni che per offendere gli ebrei. Molto si è dibattuto in merito e per chi volesse approfondire l’argomento consiglio la lettura di questa pagina e di quest’altra.

Le juderìas spagnole furono quasi del tutto svuotate con il decreto dell’Alhambra (qui un link per approfondire), stipulato dalla regina Isabella di Castiglia il 31 marzo del 1492 (sì, qualche mese prima che Colombo sbarcasse nelle Indie Occidentali), che cacciò gli ebrei dalla Spagna e che obbligò alla conversione tutti coloro che non volevano lasciare il suolo iberico. Con “suolo iberico” intendo anche la Sicilia, che al tempo era sotto dominazione spagnola. In effetti il primo Bar Mitzvah celebrato in Trinacria dal 1492 è avvenuto solo nel 2011, dopo la recente formazione di una comunità giudaica a Palermo. Qui la notizia.

Le terre slave si distinsero per una pratica chiamata pogrom, ovvero le rivolte antisemite che culminavano con cacciate, uccisioni, roghi e nefandezze di ogni tipo verso le comunità ebraiche. Molto spesso il casus belli di questi orrendi episodi erano delle false accuse che avevano origine da una morte violenta e sospetta di un cristiano. Ciò dava modo di muovere una accusa del sangue. Le accuse del sangue sono state molto utilizzate a partire dall’anno 1000: si diceva che gli ebrei utilizzassero sangue umano per rituali e celebrazioni, prediligendo quello dei bambini. L’ultimo processo istituito per un’accusa del sangue ha avuto luogo a Kiev nel 1913 e solo col Concilio Vaticano II si è riusciti ad eliminare dal martirologio i nomi di santi che erano stati seviziati dagli ebrei (dicerie senza fondamento storico).

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Il Palazzo dei papi ad Avignone

Quali furono le sorti del popolo ebraico in terra francese? La cosa si fa estremamente interessante, perché va presa in considerazione la cosiddetta Cattività avignonese, ovvero quel periodo che va dal 1309 al 1377 e che vide la sede del papato spostarsi da Roma ad Avignone, bella città del dipartimento della Vaucluse, in Provenza. Lo Stato Pontificio fu relativamente tollerante nei confronti degli ebrei, specialmente se paragonato al trattamento riservato alle enclavi israelitiche in altre parti del mondo. Questo fece sì che durante la Cattività avignonese si venisse a creare una comunità chiamata “ebrei del papa”.
Il popolo israelitico giunse in Francia approdando, come quasi tutti coloro venuti dal sud, nel porto di Marsiglia. In generale la presenza ebraica nel sud della Francia fu sempre pronunciata, sebbene mal sopportata: accuse del sangue, linciaggi e roghi non mancarono mai. Nel 1274 il re di Francia Filippo l’Ardito fece dono al papa di una regione chiamata Contado Venassino, una porzione di territorio che includeva la città di Avignone. Questo contado divenne, col tempo, un rifugio per gli ebrei che dovevano fuggire le persecuzioni francesi. Nel Contado Venassino sorsero quattro ghetti, detti carrières, in cui si svilupparono quattro comunità chiamate Arba Kehilot, ad Avignone, Carpentras, Cavaillon, e Isle sur la Sorgue. Vi fu un episodio caratterizzato dall’espulsione degli ebrei venassini, ma si trattò di una misura temporanea: rientrarono tutti in breve tempo e dal 1394, anno della cacciata degli ebrei dal Regno di Francia, la comunità crebbe, visto che agli ebrei del papa fu consentita la residenza a condizione che indossassero un cappello giallo e risiedessero nei loro carrières, che la notte venivano chiusi a chiave dall’esterno, come avveniva già in altri ghetti d’Europa. In più vi erano tasse extra da pagare e dovevano sottoporsi a delle messe coatte, niente di nuovo. Esattamente come accadeva a Venezia o a Roma, le case crebbero in altezza, arrivando a quattro o cinque piani, nel tentativo di espandere lo spazio a disposizione in senso verticale, visto che orizzontalmente era impossibile.

Tuttavia è stato notato che nei secoli gli ebrei del papa svilupparono relazioni molto buone con i goyim venassini, tanto che risultano essere la sola comunità israelitica europea che riuscì a praticare gli stessi mestieri dei non ebrei. Ricordo infatti che per i giudei fu molto difficile adattarsi alle restrizioni imposte sui mestieri esercitabili, che variavano di zona in zona. Ad Avignone, invece, poterono diventare contadini e lavorare la terra come i gentili, sviluppando così un ebraismo sui generis, avulso da legami con la cultura ashkenazita o sefardita: gli ebrei del papa parlavano shuadit, un miscuglio di ebraico e occitano, avevano un rito religioso unico ed erano molto legati alla terra.

Le cose cambiarono con l’avvento della Rivoluzione, perché Avignone fu annessa alla Francia e gli ebrei ebbero la cittadinanza: i ghetti perdettero la loro ragion d’essere e gli israeliti si sparsero su tutto il territorio nazionale, salvo poi essere vittime di un’ennesima ondata di antisemitismo che percorse l’Europa nel 1800 e che culminò con l’affaire Dreyfus, scandalo che scosse l’opinione pubblica e l’élite culturale. Non è un caso che il saggio a fondamento del sionismo, Der Judenstaat, scritto dal Theodor Herzl, fu partorito nel 1896, proprio nel pieno della bufera dreyfussiana.

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Sul giornale “L’aurore” Emile Zola pubblicò la sua famosa lettera aperta “J’accuse”, a sostegno di Dreyfus e della sua innocenza.

 

Non finisce qui la storia dei luoghi che videro lo sviluppo comunitario degli ebrei del papa. Se i ghetti, specialmente dopo la Shoah, avevano cessato di esistere come tali, ritornarono ad essere centri fondamentali per l’integrazione di nuove comunità ebraiche, quelle che giunsero in Francia dopo la guerra d’Algeria e l’indipendenza della nazione nordafricana. Non dimentichiamo che anche noi, in Italia, fummo testimoni di un’ondata migratoria ebraica nel 1967: la Guerra dei Sei Giorni era scoppiata e costrinse molti ebrei libici a trasferirsi altrove. Quasi cinquemila persone sbarcarono nel nostro paese, tra coloro che non avevano compiuto l’aliyah a Gerusalemme.

Qui di seguito link a pagine che potrebbero interessare per un approfondimento:
la storia degli ebrei libici;
il sito della comunità ebraica di Avignone;
pagina Wikipedia sui carrières

Precisazione: questo articolo non ha alcun intento politico, è solo un excursus storico volto ad informare e ad approfondire in modo neutrale e super partes un capitolo della storia europea, francese ed ebraica. Chiunque voglia discutere di argomenti inerenti Israele, Palestina e la questione mediorientale è pregato di farlo in contesto più appropriato, ovvero altrove. L’autrice non ha alcuna intenzione di esporre il proprio pensiero in merito alla faccenda. Grazie.

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