Se qualcuno domanda “È nato prima l’uovo o la gallina?” è come se dicesse “È nata prima la fiamma o la fenice?”.
In realtà fenici nascono in continuazione dalle ceneri di persone, momenti, affetti, legami, viaggi, case e sospiri.
Quando qualcosa o qualcuno finisce, ecco che dalle sue polveri ideali fa capolino una testolina piumata, adorna di due occhietti luccicanti e di un beccuccio affilato e brillante. Piano piano, arruffando il piumaggio già scarlatto, l’esserino prende coscienza della propria esistenza.
La fine di qualcosa gli ha dato vita. Lui è la continuazione ideale di ciò che non è più. Noi non lo vediamo, ma lui c’è: da qualche parte, in alto, lontano, in quel posto dove i ricordi si raggrumano e formano una nube di polvere dorata tanto pregna di pensiero ed emozione. Lì, la cenere luccicante si condensa e si scalda, come quando nasce una nuova stella.
Allorché questa polvere d’oro, ricca di pensiero ed emozione, si è incalorita fino a raggiungere la temperatura di un’anima innamorata, ecco che quel tepore genera la fenice.
Così nasce una vita da una fine. Il piccolo volatile, una volta scrollate di dosso le ceneri e la fuliggine della propria combustione, spicca il primo volo ed intona il primo rauco canto.
Lentamente, senza paura, dal suo punto lontano arriva, sazio di calore e di sentimento, fino al luogo dove vivono tutte le fenici.
Là esse esistono perché qualcosa prima di loro è esistita, perché una particina ineffabile e potente ha dato loro la scintilla. Il ricordo di ciò che non è più le alimenta, e anche quando tutti coloro che posso ricordare sono morti, ecco che altre fenici nascono, e nella loro esistenza vanno ad alimentare il caldo soffio vitale di tutte le altre che le hanno precedute.
È un posto infinito, mai affollato, sempre calmo, sereno, pieno di gioia.
Nessuno lo ha mai visto, solo le fenici, che lo hanno creato.
Così le fenici nascono senza mai morire, perché da una morte hanno avuto vita.
Fine (una fenice ne sta già nascendo)