Qualche giorno fa mi è capitato per le mani un volumetto quantomai interessante: si tratta della traduzione in italiano di un poema medievale scritto in tedesco ma che è già a sua volta la versione tradotta di un originale francese.
Io ci vado pazza per questi complicati giri storico-linguistici, ed oggi voglio presentarvi il mito oggetto del poema in questione: la melusina.
Può essere usato come nome comune, o inteso come nome proprio. Diventa allora Melusina, appellativo della dama protagonista dell’interessantissima storia medievale che ho letto negli ultimi giorni.

L’enciclopedia Treccani, fonte di inesauribili informazioni, dice in proposito:
Melusina (fr. Mélusine) Personaggio letterario dell’Histoire de Lusignan, intitolata anche Roman de Mélusine, scritta fra il 1387 e il 1394 dallo scrittore francese Giovanni di Arras. Melusina è una fata che una volta alla settimana si trasforma in serpente; essa sposa Raimondino, figlio del re dei Bretoni, che diviene, per le doti soprannaturali della moglie, valoroso principe di Lusignano; ma questi, rompendo il giuramento fatto alla moglie, la sorprende nel bagno e assiste alla sua metamorfosi in serpente; la scoperta, che lo priva della presenza della donna amata, lo getta in uno straziante dolore. Nel romanzo è espressa per la prima volta la leggenda della donna-serpente derivata dalle tradizioni popolari del Poitou intorno alla casa dei Lusignano.
La leggenda di Melusina, che ebbe larga diffusione nelle età successive e nelle varie letterature, specie nella poesia romantica tedesca, fu ripresa da J. W. Goethe nella fiaba Die neue Melusine (scritta prima del 1797 ma pubblicata soltanto nei Wilhelm Meisters Wanderjahre, 1821 segg.).
Il vocabolario Treccani approfondisce invece il nome comune “melusina”, con

particolare attenzione all’araldica:
meluṡina s. f. [dal nome di Melusina, fata della mitologia celtica, che nel romanzo Histoire de Lusignan (o Roman de Mélusine), scritto da J. d’Arras verso il 1390, si trasforma in serpente]. – In araldica, figura chimerica raffigurata come una sirena a due code, ch’essa tiene con ambedue le mani, uscente da un tino.
L’etimologia di questa parola è molto intrigante: il dictionnaire Littré la chiama “Merlusigne”, dando un’accezione acquatica al nome, che giustificherebbe la raffigurazione della donna dalla coda di pesce. Essendo legata alla Maison de Lusignan, Melusina potrebbe derivare da “Mère Lusigne“.
Non si può essere certi. Ci sono tesi che sostengono l’origine bretone del nome, collegandola alla fabbricazione del miele. Se si percorre quella via etimologica si arriva fino alle radici linguistiche celtiche che la Francia del nord condivide con le isole Britanniche.

Di certo la figura della donna dalla coda di serpente o di pesce non ha origine nell’Europa medievale, ma la si ritrova nelle mitologie antiche e, perché no, anche nella Bibbia, precisamente nel libro della Genesi, dove la donna ed il serpente non sono riuniti in un’unica figura, è vero, ma interagiscono in modo oserei dire privilegiato.
Il binomio ginorettileo è ripetuto nelle raffigurazioni della Vergine Maria che pesta la testa di una serpe, eco del “Ella ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” del primo testamento.
La mitologia greca propone diverse creature con elementi femminili e bestiali: le arpie (donna+volatile), le Gorgoni (donne+svariate bestie tra cui i serpenti in testa di Medusa), l’Echidna (donna+serpe), le Sirene (donne+pesce), le Erinni, o Eumenidi o Furie (donne+una miriade di animali pericolosissimi). La cultura egizia invece ha la Sfinge, che in Grecia non possiede un’identità tipicamente femminile, ma nell’immaginario collettivo, influenzato dalla rappresentazione più nota di questa bestia, è spesso rappresentata come un leone dalla testa di donna.

Un altro tòpos che accomuna la versione medievale della storia di Melusina ad altre narrazioni antichissime è il voyerismo. Raimondino infrange il giuramento fatto alla moglie Melusina al momento dello sposalizio e la spia nel giorno del sabato:
“Il vit Mélusine dans le bassin. Jusqu’au nombril elle avait l’apparence d’une femme et elle peignait ses cheveux ; à partir du nombril elle avait une énorme queue de serpent, grosse comme un tonneau pour mettre les harengs, terriblement longue, avec laquelle elle battait l’eau qu’elle faisait gicler jusqu’à la voûte de la salle.”
La punizione è esemplare: Melusina fugge per non tornare mai più. Raimondino è abbandonato per sempre dalla sua amatissima sposa e sarà preda di tormenti e dolori fino alla fine dei suoi giorni.
Atena, spiata da Tiresia nel momento del bagno, accortasi del guardone che viola la sua intimità, lo acceca, dandogli però il dono della profezia. Anche Artemide, vista nel momento delle abluzioni, si vendica sul malcapitato cacciatore Atteone, che non ci aveva nemmeno fatto apposta, e lo tramuta in cervo, lasciandolo preda dei suoi stessi cani da caccia.

La Bibbia invece racconta di Susanna, colta nel momento del bagno da due vegliardi e stimati giudici della comunità, i quali la ricattano dicendole che se non si concede loro, la accuseranno di aver fatto la sgualdrina con un giovanotto. Lei non cede e purtroppo i due vecchi mettono in atto le loro minacciose parole, salvo poi essere smascherati da Daniele, il profeta.
Trovo molto appagante ricongiungere i punti in questo modo, formando delle intricate costellazioni di tòpoi, personaggi, temi ricorrenti e universali. I simboli e le creature immaginifiche hanno parlato per secoli e secoli alle generazioni. Noi non dobbiamo dimenticare di continuare a leggere e a tramandare questo patrimonio inestimabile di racconti e storie che costituiscono trama e ordito della nostra cultura e della nostra identità.
Che bello scoprire questi racconti. Ero completamente a digiuno di tutto ciò. Grazie e complimenti vivissimi
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Grazie! ♡
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