Les Voiles de Saint Tropez è uno dei più importanti eventi velistici al mondo, una regata che ha luogo ogni anno a cavallo tra settembre e ottobre, attirando imbarcazioni dai quattro angoli della terra.
Per l’occasione il porto del noto villaggio si svuota di tutti gli yacht di lusso che lo popolano durante l’estate, di modo da poter accogliere alcuni tra i più belli e imponenti bateaux del mondo.
Questa gara ha avuto vita trent’anni fa sotto il nome di “La Nioulargue“, perché lo scopo è quello di doppiare una collina sottomarina che si trova al largo di Pampelonne e che si chiama proprio Nioulargue.
In generale i primi giorni della manifestazione sono occupati dalle grandi parate dei velieri, che scatenano stupore e ammirazione nel pubblico.
Un mio amico, esperto marinaio, ha vinto un concorso e ha avuto l’opportunità di partecipare alla parata inaugurale a bordo di un trimarano di venti metri di nome Ex Gitana 11. Mi ha raccontato di aver trascorso un pomeriggio mozzafiato, nonostante il vento freddo e tagliente che si era levato nel golfo di Saint Tropez.
In effetti il mistral non fa sconti a nessuno. Nel 1995, ultimo anno della manifestazione chiamata “La Nioulargue”, durante la corsa vi fu un incidente molto grave che causò una morte. Per tre anni la regata non ebbe luogo, fino al 1999, quando si decise di riprendere con questo appuntamento velistico mondiale, cambiando però il nome in “Les voiles de Saint Tropez”.
Sul sito ufficiale potete trovare tutte le informazioni pratiche dell’evento.
Si può leggere anche che:
Le mélange de yachts classiques avec des bateaux ultra modernes est la caractéristique principale des Voiles et sa véritable “marque de fabrique”.
In effetti la magia della regata risiede nel fatto che non partecipano solo barche a vela moderne e dotate di ogni tool più recente e innovativo. Ci sono velieri antichi, dei primi del novecento, perfettamente conservati o magnificamente restaurati.
I nomi sono fantasiosi e tutti diversi: Hallowe’en (è quasi ora di mettersi a scavare le zucche, in effetti), Black Legend (astenersi battute di cattivo gusto), Enterprise (forse il proprietario è un trekkie?), Oiseau de feu (un appassionato di Stravinkij?), Galvana (come ser Galvano della saga arturiana), Il moro di Venezia (fan del Bardo?), Samarkand (un omaggio a Hugo Pratt?)…
Dalla baia di Gigaro ho scattato alcune foto che ritraggono le barche a vela in lontananza.
Non sono andata a Saint Tropez di persona, sia perché trascorrerci anche solo qualche ora significa spendere molti soldi, sia perché sono molto presa dallo studio. Però ho potuto godermi un magnifico spettacolo da cartolina seduta sulla sabbia mossa dal vento, in una bella giornata di inizio ottobre.

Le barche a vela hanno un fascino tutto loro che nessuna imbarcazione a motore potrà mai sprigionare. Negli alberi che si ergono maestosi, nello spiegarsi delle vele di tessuto, nel cigolare del legno, nel respiro della barca tutta si sente la radice prima dell’arte della navigazione, si percepisce il tocco dell’uomo antico, quando grazie al suo solo intelletto e alla sua sola forza riuscì a sfruttare la potenza dei venti e a padroneggiare gli elementi a mani nude, rischiando la vita in ogni momento.
Credo che queste siano azioni che hanno lasciato un segno invisibile ed indelebile, una traccia, una vibrazione umana che si perpetua nel nostro fare e disfare. Quando ripetiamo gesti dalle origini ancestrali rinnoviamo lo sforzo del primo uomo che li compì.
Io, ogni volta che poso gli occhi su una barca a vela, non posso fare a meno di pensare a Odisseo, al suo periplo, all’acume e alla curiosità che lo condussero alla scoperta di luoghi favolosi ed esseri mostruosi.
Davvero pensiamo di essere così cambiati, noi uomini contemporanei? Davvero crediamo di discostarci molto dall’homo curiosus cantato da Omero nell’Odissea?
Io no.
Non la pensava così nemmeno Dante, che lo mise nell’inferno, non per la sua sete di conoscenza né per tracotanza, ma perché fu un consigliere fraudolento e ingannatore.
Se avessi una barca a vela tutta mia la chiamerei Odissea, o Calipso, o Nausicaa e me ne andrei anche io a gareggiare a Les voiles de Saint Tropez, sfidando il vento e gli altri velieri, solcando il mare come se fossimo la flotta achea che giunge all’Ellesponto per assediare la città di Troia.