Rebondissement nel caso Seznec: una nuova testimonianza apre ad ulteriori sviluppi

Forse ricorderete che De amore gallico ha dedicato ben tre articoli alla narrazione della complessa vicenda giudiziaria avvenuta negli anni ’20 del ‘900 e legata alla scomparsa di Pierre Quemeneur, per la quale fu accusato, processato e condannato Guillaume Seznec, sempre professatosi innocente.

Ebbene, una nuova testimonianza porterebbe ad ulteriori sviluppi e alla possibilità, per gli eredi Seznec che desiderano riabilitare il nome del nonno, di far riaprire il caso e forse risolverlo una volta per tutte.

Va sottolineato che, come è stato già riportato su De amore gallico:

All’origine di quello che potrebbe diventare uno spettacolare risvolto, la testimonianza inedita di uno dei figli di Guillaume e Marie-Jeanne Seznec. Colui che fu soprannominato “Petit-Guillaume” undici anni al momento dei fatti. Nel 1978 si confidò con uno dei suoi nipoti che lo registrò. In quel giorno di maggio 1923, il ragazzino sentì sua madre urlare. La vide respindere le avances di un uomo, e poi si ricorda dell’uomo disteso a terra. “Io credo che lei debba essersi difesa e che lo abbia colpito alla testa.” Era Pierre Quéméneur l’uomo da cui Marie-Jeanne si stava difendendo?

Questa testimonianza, unita alla professione di innocenza di Seznec, insieme al suo rifiuto di chiedere la grazia, gettano nuova luce e fanno vedere il tutto da un’altra prospettiva.

Ebbene, ieri RMC ha diffuso una testimonianza inedita data dalla signora Cécilia Morand, 85 anni, figlia del signor Georges Morand, all’epoca dei fatti agricoltore e custode del cimitero di Saint-Lubin-de-la-Haye.

Un jour Raymond Lainé, garagiste, est venu le chercher en pleine nuit pour qu’il l’aide à ramener le corps de Quémeneur. Raymond Lainé avait tiré et l’avait blessé au ventre et ils l’ont ramené au cimetière.

Un giorno Raymond Lainé, meccanico, venne a cercare mio padre in piena notte per farsi aiutare a trasportare il corpo di Quemeneur. Raymond Lainé gli aveva sparato e lo aveva ferito al ventre e lo hanno trasportato al cimitero.

La tomba in cui Quemeneur fu sepolto era in stato di abbandono e nessuno pensò di andare a darle un’occhiata.
Le circostanze dell’omicidio, avvenuto nei pressi della stazione di Houdan, parrebbero essere legate ad un litigio per un veicolo in riparazione.

RMC ha poi spiegato che la donna, da adolescente, sorprese il padre e Lainé, preso dai rimorsi di coscienza nei riguardi di Seznec poiché condannato da innocente, discutere del fatto. Il padre le fece dunque giurare di non dire mai nulla a nessuno della cosa.

Denis Le Her – Seznec, discendente di Guillaume Seznec, ha detto di aver parlato al telefono con la Signora Morand e che la incontrerà nei prossimi giorni per confermare alcuni punti della storia e per poter poi fare domanda, l’ultima si spera, di revisione del processo.

Quale testimonianza è da considerarsi attendibile? Quella della signora Morand o di Petit-Guillaume? Aspettiamo sviluppi.

Il caso Seznec: 95 anni dopo è ancora mistero (parte ultima)

Dopo aver introdotto i protagonisti della vicenda ed aver dato un’idea delle loro rispettive posizioni sociali, attingendo sempre alle fonti già segnalate, eccoci all’ultimo capitolo, quello in cui si narrerà dei fatti veri e propri che portarono poi all’istruzione dell’inchiesta, alle indagini, all’accusa, al processo e alla condanna.

Seznec e Quéméneur erano dunque entrati in affari: la rivendita delle auto usate dall’esercito americano durante la Grande Guerra e abbandonate dopo l’armistizio era un mercato interessante che avrebbe potuto fruttare assai ad entrambi i soci. La prima di una lunga serie di vendite avrebbe dovuto aver luogo a Parigi. Fu così che il 24 maggio 1923 Seznec lasciò il proprio domicilio a Morlaix a bordo di una Cadillac da rivendere. Sarebbe dovuto passare a Rennes, dove, in un hotel, alloggiava Quéméneur, ed insieme avrebbero fatto il tragitto fino alla capitale, fino al loro compratore. La Cadillac, tuttavia, versava in condizioni pietose: consumava molta benzina, aveva problemi agli pneumatici e ai fari. Soste continue fecero arrivare Seznec in gran ritardo a Rennes. Sembra che, durante il tragitto Rennes-Parigi, esasperato dalla lentezza del viaggio, Quéméneur abbia chiesto a Seznec di fermarsi ad una vicina stazione ferroviaria per prendere un treno ed essere in città quanto prima per poter incontrare l’acquirente del veicolo, un certo Cherdy, che voleva comperarne ben cento.

Seznec riprese la via di Parigi ma, ad appena cinquanta chilometri dalla città, la Cadillac cadde di nuovo in panne. L’epopea durò diversi giorni. L’uomo decise di farla riparare alla bell’e meglio e di tornarsene a casa, preferendo lasciar perdere l’affare della compravendita, estenuato da tutti i problemi che la vettura aveva. Tornò a Morlaix la notte del 28 maggio.

Quéméneur non fu mai più visto.

Il 10 giugno il cognato di Quéméneur, il notaio Pouliquen, il fratello dello scomparso e Seznec stesso, andarono a deporre una denuncia di sparizione presso la polizia. Tre giorni dopo la famiglia ricevette però un telegramma firmato Quéméneur proveniente dal porto di Le Havre in cui si diceva che stava bene.

« Ne rentrerai Landerneau que dans quelques jours tout va pour le mieux – Quéméneur »

Successivamente l’accusa dimostrò con una perizia calligrafica che questo telegramma era stato in realtà stilato da Seznec. Sembra inoltre che, sempre a Le Havre, Seznec avesse acquistato una macchina da scrivere di modello Royal-10, con la quale aveva poi stilato dei documenti falsi in cui si diceva che Quéméneur aveva venduto un immobile a Seznec per una cifra irrisoria. Tali documenti furono rinvenuti nella valigia di Quéméneur, trovata in stato malconcio e con la serratura divelta alla stazione ferroviaria di Le Havre.

C’erano tutti gli elementi per istruire un’inchiesta per sparizione sospetta.

Da qui si potrebbe continuare a raccontare la storia in due modi: quello più affine al punto di vista degli inquirenti e dell’accusa, che, guidati dal cognato notaio Pouliquen e dal famigerato ispettore Bonny, noto collaborazionista della Gestapo durante la seconda guerra mondiale, riuscirono a far condannare Seznec, oppure quello sostenuto strenuamente dalla famiglia di Seznec e che continua tutt’oggi ad essere il motore immobile della riapertura del caso, delle nuove ricerche e della voglia di riabilitare il nome di quest’uomo nonostante siano passati 95 anni.

Premesso che io sono dell’idea che senza dubbio sono meglio cinque colpevoli a spasso per il mondo che un solo innocente dietro le sbarre, proseguirò questo racconto nel modo più neutrale possibile, sebbene non sia facile.

Seznec fu arrestato il 1 luglio 1923 e condotto al carcere di Quimper. Wikipedia riporta che:

Nella stessa città, sede della Corte d’Assise di Bretagna, si apre il processo nell’ottobre del 1924, processo che si svolge in un’atmosfera allucinante, carica di tensione e violenza. Il processo di primo grado, nella Francia di allora, prevedeva una sentenza inappellabile; e l’atteggiamento del presidente della corte, Dollin du Fresnel, è assai ostile all’imputato.

I testimoni a favore della difesa furono denigrati, parlarono inascoltati, e d’altro canto l’evidente fabbricazione di prove da parte di Seznec era più che sufficiente ad indicarlo come colpevole.
Si noti che il corpo di Quéméneur NON FU MAI TROVATO. Resti umani e una cartuccia furono rinvenuti anni dopo nella tenuta appartenente a Quéméneur e oggetto della falsa compravendita a Seznec, ma negli archivi giudiziari di queste prove non vi è traccia e la testimonianza di un pescatore che aveva udito uno sparo provenire proprio da quel podere non fu presa sul serio. Si noti che il cognato notaio era uno degli acerrimi  “cavalieri dell’accusa” e che ad ogni modo egli stesso aveva un movente più che consistente per commettere l’omicidio: mi riferisco naturalmente all’esorbitante prestito che Quéméneur gli aveva concesso per poter aprire lo studio notarile e che il giurista stentava a rimborsare.

Le accuse contro Seznec furono di omicidio di primo grado e di falso e gli valsero una condanna al bagno penale dove avrebbe espletato i lavori forzati. Chi tra i lettori di De amore gallico ha già visto il film “Papillon”, con Steve McQueen, non ha bisogno che io descriva le atrocità che venivano commesse sui detenuti nella Guyana francese. Per coloro che non hanno guardato questo film, oltre che consigliarlo caldamente, segnalo dei link illuminanti a proposito dell’ l’isola del diavolo orribile luogo di purga.

Già il viaggio fu un orrore indicibile. L’approdo condusse Seznec all’inferno in terra, dove trascorse ben più di due decenni con il numero di matricola 49302. Mente si trovava in quel lembo di terra dimenticato da Dio, Seznec perse la madre e la moglie, le quali pertanto, una volta emessa la condanna dopo il processo, non lo videro mai più. Seznec fu costretto a vivere per sei mesi nel silenzio e nel buio, in permanenza dentro una cella di 12 mq, dalla quale poteva uscire solo una volta al mese.
Fu poi assegnato ad un’altra mansione, perché il suo stato di salute precipitò orrendamente a causa delle condizioni da tregenda del bagno penale.

Intanto in Métropole la figlia minore, Jeanne, continuava la campagna per la scarcerazione del padre, già iniziata dalla madre e dalla moglie di Seznec. Va detto che Seznec non chiese mai la grazia presidenziale, e questo, insieme al suo professarsi innocente, potrebbe essere un indizio a favore dell’ultima tesi emersa dalle indagini e di cui parlerò in chiusura, essendo tra tutte le ipotesi vagliate quella più convincente, a mio giudizio.
La grazia per mano di De Gaulle fu raggiunta nel 1947. Il merito va all’azione del gruppo capitanato da Jeanne e, tra gli altri, da dal giornalista Emile Petitcolas, dal giudice Victor Hervé, da Françoise Bosser della Lega dei Diritti dell’Uomo e al ripensamento clamoroso di alcuni giurati che si pentirono pubblicamente di aver mandato Seznec al bagno penale. L’uomo aveva passato vent’anni in Guyana.

A bordo del Colombie Seznec fece ritorno a casa. Durante la traversata gli fu scattata questa foto: sezneccolombie

Aveva 69 anni.

In Francia concesse delle interviste e partecipò ad alcune conferenze sugli errori giudiziari e non smise mai di professarsi innocente. Purtroppo Seznec trovò la morte pochi anni dopo essere tornato un uomo libero: nel novembre del 1954, all’età di 76 anni, fu investito da un’automobile a Parigi e morì qualche mese dopo per le ferite riportate nell’incidente. Chi era alla guida del veicolo? Seznec finì sotto le ruote per accidente o fu spinto? Era un personaggio pubblico, e probabilmente scomodo. Chi aveva un valido motivo per liberarsene? Nessuna di queste domande ha avuto risposta, ma l’epilogo della vicenda, e forse la spiegazione più razionale, va ricercato nelle parole di uno dei figli di Seznec. Come riporta la nota testata francese Le Point:

À l’origine de ce qui pourrait devenir un spectaculaire rebondissement, le témoignage inédit d’un des enfants de Guillaume et Marie-Jeanne Seznec. Celui qui fut surnommé « Petit-Guillaume » avait onze ans au moment des faits. En 1978, il se confie à l’un de ses neveux qui l’enregistre. En ce jour de mai 1923, le garçon entendit sa mère crier. Il la vit repousser les avances d’un homme, puis se souvient d’un homme à terre. « Je crois qu’elle a dû se défendre et le frapper à la tête », confie-t-il. Était-ce Pierre Quémeneur dont Marie-Jeanne se défendait ?

All’origine di quello che potrebbe diventare uno spettacolare risvolto, la testimonianza inedita di uno dei figli di Guillaume e Marie-Jeanne Seznec. Colui che fu soprannominato “Petit-Guillaume” undici anni al momento dei fatti. Nel 1978 si confidò con uno dei suoi nipoti che lo registrò. In quel giorno di maggio 1923, il ragazzino sentì sua madre urlare. La vide respindere le avances di un uomo, e poi si ricorda dell’uomo disteso a terra. “Io credo che lei debba essersi difesa e che lo abbia colpito alla testa.” Era Pierre Quéméneur l’uomo da cui marie-Jeanne si stava difendendo?

Questa testimonianza, unita alla professione di innocenza di Seznec, insieme al suo rifiuto di chiedere la grazia, gettano nuova luce e fanno vedere il tutto da un’altra prospettiva.

Tanti anni sono passati, i protagonisti della vicenda sono da tempo sottoterra, ma la ricerca di una verità inoppugnabile continua. Perché il tema degli errori giudiziari è troppo importante e perché non c’è giustizia se un innocente finisce dietro le sbarre.

Date un’occhiata a quanti sono i casi clamorosi di errori giudiziari nel mondo. Bob Dylan compose Hurricane, Daniel Day-Lewis ed Emma Thompson recitarono in “Nel nome del padre”, Amnesty International continua con le sue campagne in favore della scarcerazione di tanti che non hanno commesso nulla e tuttavia si trovano confinati in prigioni a scontare pene ingiuste.

La giustizia è fallace, purtroppo, perché è fatta dagli uomini e gli uomini sono fallaci. Ma c’è sempre la possibilità di sbagliare di meno, di dubitare di più, di risparmiare qualcuno. E se magari l’errore ci fa cadere dall’altra parte del filo del rasoio, ebbene, lo ripeto: meglio cinque colpevoli liberi che un solo innocente condannato.

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Grazie.

Il caso Seznec: 95 anni dopo è ancora mistero (parte 1)

Di recente il caso Seznec è balzato nuovamente agli onori della cronaca perché, dopo ben 95 anni, sembra essere ancora aperto. Anche se ci fu una condanna, scontata, e ben quattordici tentativi di revisione tutti con risultato nullo, gli eredi Seznec non si danno pace e continuano le ricerche del corpo di Pierre Quémeneur. Di recente, delle ossa sono state ritrovate nella casa dei Seznec, anche se gli esami non hanno dato risultati utili per la risoluzione dell’affare.

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I casi giudiziari sono materia molto affascinante. L’affaire Dreyfus, per esempio, è il caso francese più conosciuto nel mondo e quasi ogni studente lo conosce per via del coinvolgimento degli intellettuali del tempo a difesa dell’ufficiale ebreo ingiustamente accusato. Ora, il caso Seznec non ha gli ingredienti di antisemitismo e di spionaggio, non ci furono grandi menti che si esposero per l’ipotesi di colpevolezza o di innocenza. Ma è estremamente interessante e varrà la pena parlarne in modo dettagliato.

Le fonti da cui ho attinto le notizie e che se volete potete consultare voi stessi sono: il libro “Pour en finir avec l’affaire Seznec” di Denis Langlois, il sito France Justice, il sito della rivista Le Point, Wikipedia per la cronologia, anche se Wikipedia stessa è un riassunto esaustivo della vicenda, Le Monde e alcuni documentari che ho trovato online.

Cominciamo con il quando: maggio 1923. Dove? Tra Rennes, Morlaix e Houdan (Bretagna e Ile-de-France). Chi? Guillaume Seznec e Pierre Quémeneur sono i due protagonisti della vicenda.

seznec

In questa prima parte parlerò di Guillaume Seznec e della sua storia personale, che tanto peso ebbe in sede di processo.
Nacque il 1 maggio 1878 a Finisterre da una famiglia contadina.

France Justice riporta dettagli interessanti sulla sua infanzia:

 La malédiction qui le guettait dès son plus jeune âge n’allait pas tarder à entrer en scène. Le secrétaire de mairie qui enregistra la naissance de l’enfant l’affubla d’un mauvais prénom (Joseph – qui ne devait être que son deuxième prénom). On continua cependant à l’appeler Guillaume. Six ans plus tard, nouvelle erreur du préposé ! L’enfant fut déclaré officiellement mort le 28 décembre 1884, à la place de son jeune frère Hervé, décédé à vingt-trois mois des suites d’une grave maladie.

Curieux et inquiétant présage : pour les Bretons, porter dès sa naissance un autre prénom que le sien et décéder à la place de son frère ne peut que porter malheur. Pour une fois, ces superstitions allaient amplement se justifier.

La maledizione che lo seguiva sin dalla più giovane età non tardò ad entrare in scena. Il segretario del municipio che registrò il suo atto di nascita gli affibbiò il nome sbagliato (Joseph, che doveva essere solo il suo secondo nome). Nonostante ciò la famiglia lo chiamò sempre Guillaume (ed è così che viene ricordato n.d.a.). Sei anni dopo ci fu un nuovo errore dell’addetto municipale: Guillaume fu dichiarato morto erroneamente, al posto si suo fratello Hervé, deceduto a ventitré mesi a causa di una grave malattia.

Curioso ed inquietante presagio: per i bretoni portare alla nascita un nome diverso da quello dato dai genitori e morire al posto del proprio fratello non può che portare sfortuna. Per una volta queste superstizioni sarebbero state ampiamente giustificate.

Il padre lo lasciò orfano molto presto e Guillaume Seznec crebbe con la madre che diresse la fattoria con polso e abilità. Il giovane Seznec non ebbe successo negli studi e si volse presto alla meccanica, che lo appassionava moltissimo. Forse è per questo che, dopo aver sposato Marie-Jeanne Marc nel 1906, aprì un laboratorio di vendita e riparazioni di biciclette a Plomodien. Nel 1908 consacrò un periodo di qualche mese al servizio militare a Chateaulin. Nel novembre di quell’anno ricevette la notizia che la moglie, incinta, aveva appena partorito una bambina, Marie. Appena arrivato al villaggio si accorse che il fienile accanto a casa e al negozio era andato a fuoco. Si precipitò chez lui per salvare la moglie, la figlia e pochi averi dalle fiamme che si stavano espandendo e in quell’occasione si ustionò al volto e alle mani, cosa che gli lasciò delle cicatrici che lo resero facilmente riconoscibile.

L’assicurazione li risarcì per i danni dell’incendio e con i soldi ricevuti la famigliola, che nel 1910 contava quattro membri con la nascita di Guillaume, aprì una nuova attività: una lavanderia a Saint-Pierre-Quilbignon. Altri due bambini vennero al mondo: Jeanne e Albert.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Guillaume Seznec fu riformato: le ustioni che aveva riportato a causa dell’incendio lo tennero accanto alla sua famiglia, ma nonostante ciò il conflitto ebbe delle ripercussioni sulla sua vita, perché alla sua lavanderia fu affidato il compito di prendersi cura delle uniformi di tutta la guarnigione della città di Brest. Nonostante ciò, Seznec sentiva di non fare abbastanza per il suo paese e volle partire comunque come volontario, per un anno, alla fabbrica di polvere da sparo sull’isola di Ouessant, al largo della Bretagna. Di questo fatto c’è solo la testimonianza di suo nipote Denis, figlio di Jeanne.

Mentre la lavanderia continuava ad andare a gonfie vele, la famiglia si trasferì a Morlaix dove Seznec decise di fare un ulteriore investimento e di acquistare una segheria. Grazie a questa impresa, lo status sociale dei Seznec si consolidò. La guerra stava volgendo al termine, gli americani erano arrivati in Europa e questo significava maggiore circolazione di denaro: le truppe statunitensi pagavano tre volte quello che dava l’esercito francese, e specialmente saldavano i conti in dollari. La cosa, forse, ispirò Seznec ad intraprendere una nuova via negli affari, la rivendita di automobili Cadillac abbandonate dagli americani al loro ritorno in patria.

Arrivò il 1922 e quell’anno fu decisivo per Seznec: il cognato Charles-Marc gli propose di rilevare la lavanderia e Guillaume accettò. Stilarono un atto di vendita che stabiliva dei pagamenti rateali. Purtroppo, però, quando ancora il passaggio di proprietà non era concluso e il pagamento terminato, la lavanderia andò a fuoco. Essendo Seznec ed il cognato legalmente coproprietari del bene al momento dell’incendio, l’assicurazione risarcì entrambi in parti proporzionali.

Le voci cominciarono a girare: Seznec non era altro che un furbastro che imbrogliava le assicurazioni per intascare i soldi e ripagare i debiti, era un disonesto, un truffatore.

Nel 1922 fece anche la conoscenza di Pierre Quémeneur, l’altro protagonista di questa misteriosa vicenda.

Continua nel prossimo articolo.

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