De amore gallico a Parigi

Oggi De amore gallico vi porta con sé a Parigi!

La settimana scorsa è stata infatti occupata da un favoloso viaggio nella capitale francese, durante il quale ho avuto modo di rivedere luoghi e cose già visitati con grande piacere in passato, ma soprattutto di scoprire posti nuovi e sorprendenti. Pronti? Si parte!

La prima tappa, obbligatoria anche per l’emplacement dell’hotel presso cui ho alloggiato (Hotel Les Dames du Panthéon), è stato il tempio civile della Francia, il Panthéon. Come già sentito nel cuore in precedenza, per me codesto monumento è un luogo che incute timore, sia per le dimensioni, i volumi dello spazio, sia per la sua importanza nella storia civica francese. Ad ogni modo, svegliarsi tutte le mattine ed affacciarsi sulla piazza di fronte a siffatto sesquipedale sacrario è stata una delle cose più belle del mio soggiorno. Ecco qualche scatto di quella magnifica giornata:

Ovviamente una mirabile passeggiata per il Quartier Latin, chiamato così perché, essendo il circondario dell’università, tutti gli studenti e i professori parlavano il latino, con visita alle sue favolose librerie è stata d’obbligo. Ho proseguito fino al Jardin du Luxembourg, per poi dirigermi verso Saint Sulpice, una delle chiese parigine che preferisco e dove fu anche battezzato Charles Baudelaire, Saint Germain des Prés, nei cui dintorni ho fatto una visita all’Officine Universelle Buly, un luogo da alchimisti e stregoni d’altri tempi presso cui acquistare dei lussuosi cosmetici. Tappa poi verso i bouquinistes del lungo Senna, il luogo dove sorgeva la Tour de Nesle e la mitologica libreria Shakespeare and Company, a fianco alla cattedrale di Notre Dame.

Il giorno seguente è stato all’insegna di due mie grandi passioni: i cimiteri e l’ebraismo. Tappa al Père Lachaise, in cui non ero stata in visita nei miei precedenti soggiorni, per quanto strano possa sembrare. Impressionante è il muro esterno del cimitero, percorso da un’installazione che riporta tutti i nomi di tutti i caduti della sola Parigi della Prima Guerra Mondiale, in ordine alfabetico e divisi per anno di guerra.

Avrei un video dettagliato di questa installazione, grazie al quale potreste rendervi conto della quantità immane di persone che morirono al fronte e successivamente, ma non posso caricarlo nel blog. Vi dovrete fidare delle mie parole quando affermo che è un posto presso cui andare e raccogliersi in silenziosa riflessione; leggere quei nomi è stato particolarmente toccante, per me, anche alla luce del periodo dell’anno in cui ho compiuto questo viaggio, pochi giorni dopo il 4 novembre, data del cessate il fuoco sul fronte italo-austriaco, e in concomitanza con l’11 novembre, armistizio sul fronte occidentale (e mio compleanno).

Al Père Lachaise mi sono concentrata su tombe di gente non famosa, la cui bellezza mi ha suggerito alcuni scatti di carattere lirico…

Il giorno in cui ho compiuto questo pellegrinaggio era il 9 novembre, anniversario della scomparsa di Apollinaire. Grande gioia è stata per me ritrovarmi presso la sua tomba insieme a tanti altri appassionati, che volevano rendere omaggio al poeta in occasione di questa ricorrenza. Sono andata a trovare anche Marcel Proust, Ingres ed Abelardo ed Eloisa.

La giornata è proseguita con una visita particolare ed importante per me: dal Père Lachaise sono andata a piedi fino al numero 209 di rue Saint Maur. Si tratta di un immobile qualunque dell’XI arrondissement, ma la cui storia è stata soggetto di un libro e di un reportage a cura della giornalista Ruth Zylberman. La lettura del saggio e la visione di questo documentario sono stati fondamentali nella mia personale ricerca della storia e delle storie ebraiche europee. Il 209 di rue Saint Maur custodisce infatti, tra le sue mura e nel selciato del cortile, le vicende di tanti parigini dal momento della sua costruzione fino ad oggi: tra i vari abitanti si ricordano un comunardo che cadde nell’ultima tragicissima settimana di esistenza della Comune di Parigi, un membro dei servizi segreti che era informato circa alcuni fatti che avrebbero potuto scagionare il Capitano Dreyfus, tante povere famiglie di emigrati degli anni ’20 e gli ebrei (forse la maggior parte degli inquilini negli anni ’30) che o si nascosero fortunosamente, o furono deportati e non fecero mai ritorno dai campi di sterminio. Se avete piacere di scoprire queste storie e di commuovervi profondamente, vi consiglio di leggere ‘209, rue Saint Maur, autobiographie d’un immeuble’ e di guardare il reportage ‘Les enfants du 209 rue Saint Maur’.

Quando sono arrivata l’emozione era grande. Non nego di aver avuto un nodo alla gola strettissimo e di aver versato qualche lacrima varcandone la soglia e addentrandomi nel suo ventre. Il concierge, Momo, lo stesso che ha accolto tanto spesso la giornalista Ruth Zylberman durante le ricerche, era al suo posto anche quel giorno, e ho avuto modo di scambiare qualche parola con lui. Non dimenticherò mai questo momento, resterà inciso nel mio cuore per sempre.

Il richiamo ebraico per me è irresistibile, ecco allora che ho fatto rotta verso il Marais, dove ho visitato il Mahj, il museo d’arte e storia ebraiche. In tutta onestà ne sono stata leggermente delusa, perché mi aspettavo che avesse un focus più potente sulla storia degli ebrei di Francia, e non dell’ebraismo lato sensu. Mi sarebbe piaciuto un indirizzo un po’ più specifico della collezione permanente, con un chiaro rimando alla storia francese. Nondimeno mi sono goduta la visita e ho apprezzato moltissimo la parte sull’affaire Dreyfus e quella sui costumi tipici delle donne sefardite e la presenza di uno Chagall. Ecco qualche scatto:

Il giorno successivo ho proseguito il mio percorso cimiteriale in modo inaspettatamente personale, addirittura con un legame familiare importante.

Cominciamo dalla visita a Montmartre, che mi ha riportata nel Sacré Coeur, chiesa eretta per espiare i peccati della Comune, in stile neo-bizantino, e che onestamente è più bella fuori che dentro. Discesa a piedi per le stradine di quel vicoletto, con un ciao-ciao al Moulin de la Galette, il ristorante che compare anche in uno dei quadri più celebri di Renoir.

Ero già venuta due volte al cimitero di Montmartre prima di questa visita; la prima volta con mia madre, per i miei diciotto anni, e la seconda col mio fidanzato di jeunesse, da neo-laureata. Ero affascinata dalle personalità che vi sono sepolte, dall’atmosfera romantica e decadente del luogo.
Chi lo sapeva che qui riposano le spoglie degli antenati di colui che poi sarebbe diventato mio marito? Sono passata per ben due volte di fronte alla cappellina della famiglia Vaubourzeix, in vita mia, senza sapere che quel cognome così particolare sarebbe divenuto importante per me. E non finisce qui, perché non si tratta di una famiglia qualunque! Infatti all’entrata del cimitero ci hanno spiegato che la cappelletta è catalogata come monumento di interesse per la storia parigina, in quanto vi riposano le spoglie di una personalità storica: si tratta dell’antenato di mio marito, Hippolyte Vaubourzeix, orafo e gioielliere a Parigi nel XIX secolo, con una boutique al numero 19, rue de la Paix.

Che storia incredibile…

Oltre alla cappellina di famiglia sono passata a visitare altre persone a me care sepolte lì (non tutti quelli che avrei voluto, viste le tempistiche, ma alcuni sì) e ho fotografato tombe israelitiche molto interessanti. Ah, ho anche visitato la tomba dei Sanson, i boia della rivoluzione.

La serata è stata meravigliosa, perché sono andata al Teatro de la Comédie Italienne, a rue de la Gaieté. Lo spettacolo à l’affiche si intitola ‘Et vive la Commedia dell’arte!’, lo consiglio a chiunque passi per Parigi nei prossimi mesi.

Il giorno seguente, 11 novembre, mio compleanno, ho avuto modo di trascorrere qualche ora in compagnia di Leonardo, Raffaello, Mantegna, Giotto, Carracci, Caravaggio, Veronese, Perugino, Canova, Paolo Uccello, Delacroix, Ingres, David, Gericault… Proprio così: la mattina sono stata al Louvre, dove ho rivisto le pièces de resistance della collezione, specie tutte quelle opere che Napoleone ci ha rubato vergognosamente. Ammetto di esser quasi svenuta di piacere panico, come un attacco della sindrome di Stendhal.

Ho apprezzato molto anche il nuovo allestimento dei gioielli reali nella Galleria d’Apollo e la nuova sistemazione della galleria delle statue greche, con la Venere di Milo regina in fondo alla sala.

Il pomeriggio ho festeggiato il mio compleanno, e la sera mi sono goduta una cena al Georges, ristorante sul tetto del Centro Pompidou, con una vista molto bella su Parigi. Un compleanno memorabile!

Venerdì è stata una giornata interamente dedicata al Castello di Versailles. Prima di andare a prendere la Rer, però, sono riuscita a vedere due posti, a Parigi, a cui tenevo in modo particolare. Il primo è la Chapelle de la Medaille Miraculeuse, di cui non ho scattato foto perché è stata una visita spirituale. Il secondo è stato l’hotel Lutetia, poco lontano dalla Chapelle.

Questo albergo di lusso è molto importante nella storia ebraica di Parigi, perché quando i lager nazisti furono liberati e i pochi prigionieri che erano stati salvati poterono tornare a casa, fu proprio al Lutetia che i sopravvissuti parigini furono ricoverati per mesi, al loro ritorno in città. Dall’aprile al luglio 1945 centinaia di famiglie che si erano salvate fortunosamente, nascondendosi o scappando, venivano ogni giorno ad aspettare madri, padri, figli, fratelli, sorelle, cugini, mariti, mogli… insomma, ad attendere e a sperare che tra i pochissimi sopravvissuti vi fosse un loro caro. Ecco la foto dell’entrata del Liutetia e della placca commemorativa.

Dopo questa deviazione cittadina, via a prendere la Rer, direzione Versailles Chateau! Purtroppo la sala della pallacorda è attualmente chiusa per restauro, ma sono stata felice di visitare il Grand e il Petit Trianon, che nel viaggio precedente avevo purtroppo negletto.

Sabato il tempo è stato meno clemente: sebbene non sia piovuto a catinelle, le nuvole sono state le compagne fedeli della giornata. Ma non mi sono lasciata scoraggiare nemmeno un po’. Capatina veloce a Trocadéro per una foto con la Lady di Ferro a parte, sono andata a trovare una persona a me carissima al Cimitero di Passy, poco lontano:

E poi via dritta alle catacombe di Parigi, un luogo che desideravo tantissimo visitare e che mi ha dato tanto materiale per la prossima stagione dei podcast di De amore Gallico. Per il momento accludo solo qualche scatto, senza approfondire la materia: stay tuned, ben presto chiacchiereremo assai su questo argomento!

Nel pomeriggio di sabato, oltre ad essere tornata al Marais per delle compere, sono passata nel quartiere Bastille per visitare una bottega davvero eccezionale: la Galcante. Si tratta di un’emeroteca storica che conserva tantissimi giornali e riviste antichi. Potete trovare Le Figaro o Le monde del giorno in cui siete nati, per fare solo un esempio. Davvero un indirizzo parigino imperdibile.

Sabato sera mi sono goduta un bellissimo spettacolo al teatro De la Michodière, a due traverse dall’Opéra Garnier. A l’affiche la commedia ‘Le système Ribadier’ di Georges Feydeau. Una serata divertente, attori di altissimo livello, un testo che ancora oggi fa ridere a crepapelle. Ho concluso questo soggiorno in una brasserie di fronte al Teatro dell’Opera, un locale chiamato ‘L’entracte’ il cui mobilio d’antan si addiceva perfettamente al sapore di fin de siècle della soirée.

Visto che rue de la Paix era a qualche metro da lì, sono passata a dare un’occhiata al numero 19, dove sorgeva la boutique del gioielliere Hippolyte Vaubourzeix. Ancora oggi i locali sono occupati da un negozio di bijoux, Waskoll.

In sette giorni ho visitato tutte queste belle cose e ne ho tralasciate forse il quintuplo, ma a Parigi ci si deve sempre tornare e si deve sempre lasciare qualcosa di non visto, non fatto, non visitato per la volta successiva…

Ho già la lista delle cose da fare per il prossimo soggiorno: una visita al Memoriale del Vel d’Hiv, un pomeriggio al Museo d’Orsay, che questa volta ho tralasciato, avendolo già visitato spesso, un giro al cimitero di Picpus, una visita alla Chiesa della Madeleine, un giro più approfondito degli Champs Eylsées, dei grandi boulevard, al primo arrondissement, ma specialmente un giro tematico sui posizionamenti delle barricate della Comune di Parigi, una visita alla sala d’armi Coudurier, al Parc Monceau, alla Conciergerie, a Place Vendome, a Place des Vosges, alla casa di Nicolas Flamel, agli archivi nazionali, una cena al Procope, un pranzo al Moulin de la Galette e poi mostre, mostre, mostre, musei…

Parigi non smetterà mai di piacermi.

‘Interieur d’une cuisine’, il quadro col color di mummia reale

‘Interieur d’une cuisine’ dell’artista alsaziano Martin Drölling

Osservate questo quadretto del 1815 dipinto da un pittore alsaziano di nome Martin Drölling, conservato al museo del Louvre e raffigurante un’innocente scena domestica: due donne, un bambino che gioca con un gattino, una cucina umile ma dipinta senza tralasciare alcun dettaglio, giochi di luce che ricordano i fasti della pittura fiamminga del secolo d’oro. Grazioso.

L’autore del tableau che trovate riprodotto più sopra è abbastanza conosciuto grazie ai materiali che utilizzava per fabbricare i suoi pigmenti.

Ma andiamo con ordine.

Quanto scritto qui di seguito trova conferma in alcuni documenti conservati agli Archives nationales. L’autorevole rivista Beaux Arts riporta perfino il codice di classificazione dei fascicoli in questione: 03 623.

In questi documenti si legge che nell’anno 1793, cioè in piena Rivoluzione e in piena stesura della Costituzione Montagnarda e Giacobina, l’architetto Louis-François-Petit-Radel, membro del Comité de Santé Publique, fu incaricato di disfarsi dei reliquiari posti nella chapelle Sainte-Anne au Val de Grâce. Codesti oggetti contenevano quarantacinque cuori di membri della famiglia reale francese. In effetti non tutte le sacre reliquie della famiglia reale si trovavano a Saint-Denis, tradizionalmente mausoleo dei Borboni di Francia sin dai tempi del Re Sole: il costume del tempo, detto ‘mos teutonicus‘, prevedeva che alcuni organi vitali, come appunto i cuori, venissero asportati per essere conservati altrove e per facilitare la conservazione dei corpi.

‘Violazione delle tombe reali a Saint Denis’, dipinto di Hubert Robert

Per cui, quando Petit-Radel si vide assegnato questo incarico, forte della sua autorità, andò ad impadronirsi di codesti preziosissimi oggetti tutti decorati di smalti pregiati e decise di tenere i contenitori di grande valore per se stesso.

L’episodio di Sainte-Anne au Val de Grâce fa parte di un capitolo oscuro e grottesco della Rivoluzione, quello dell’estumulazione e profanazione delle tombe reali. A Saint-Denis i copri di monarchi come Caterina e Maria de’ Medici, Pipino il Breve, Margherita di Valois, Luigi XIII e Luigi XIV furono riesumati e gettati in una fossa comune adiacente la chiesa.

Se vi state chiedendo che cosa accadde ai reliquiari rubati da Petit-Radel, come già detto, lui si tenne i preziosi oggetti smaltati.

Quanto al loro contenuto…

Petit-Radel vendette i cuori a peso d’oro, ed essi finirono nelle mani di diversi pittori, Martin Drölling incluso. Costui pare entrò in possesso di dodici organi mummificati, tra i quali vale la pena nominare dello di Maria Teresa d’Austria, moglie del Re Sole. Questi cuori furono poi, con molta probabilità, bolliti e trasformati attraverso complessi procedimenti chimici in un colore assi ricercato dagli artisti del passato chiamato ‘nero di mummia’.

Riporto un passo di un articolo molto interessante circa il colore nero pubblicato dal magazine online ‘Stile arte’:

Il nero di mummia è un colore che ha in sé qualcosa di spirituale.

Si tratta di un nero terragno, quasi terra d’ombra, ricavato dalla triturazione e dalla riduzione in polvere di mummie egiziane, prelevate dalle rive del Nilo e contrabbandate in gran quantità in occidente. Già dall’epoca delle crociate si commerciava in mummie, ma soltanto tra il XVII e il XVIII secolo se ne segnala gran commercio in tutta Europa: nelle farmacie si preparava questa polvere ad un altissimo prezzo vendendola come rara medicina. Ciò durò fino alla fine del Settecento, quando in tutte le città del vecchio continente la polvere di mummia veniva prescritta per curare molte malattie dello spirito e dell’anima. Alcuni pittori, come Tintoretto, impegnando le loro fortune, mescolavano e macinavano più sottilmente questa polvere, “più preziosa dell’oro e dei lapislazzuli, per dipingere le loro ultime opere e fare delle opere e di loro stessi un’arte e un nome eterni”. Dal XVIII secolo si iniziò a rispettare le mummie, indirizzandosi verso un altro modo di prelevare “il colore delle tenebre”: ecco il nero di seppia, un succo prelevato dal mollusco marino con un metodo scrupoloso e attento.

Quindi, quell’innocente scenetta campagnola, in cui due donne fanno lavori di cucito e un bambino gioca con un gatto, che avete ammirato all’inizio di quest’articolo, con ogni probabilità è stata dipinta usando colori fabbricati a partire dai cuori di principi e sovrani di Francia.

Di che sentire dei brividi d’orrore percorrervi la schiena mentre andate a riguardare nel dettaglio il quadro in questione!

Pillola: la questione della restituzione parte 3 e l’anniversario della morte di Leonardo

Oggi Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron si sono incontrati in occasione dell’anniversario della morte di Leonardo da Vinci, il più sublime intelletto, il più abbagliante astro, il più politropo essere umano che abbia mai visto la luce dai tempi di Odisseo.

L’incontro è avvenuto nel castello di Amboise, sulla Loira, dove riposano quelli che sono comunemente accettati come i resti di Leonardo. L’appuntamento tra i due capi dello stato può anche essere inteso come un tentativo di ricucire i rapporti diplomatici tra i nostri due paesi, che negli ultimi mesi si sono comportati come se fossero ai due estremi di una corda per il tiro alla fune.

In ogni caso il 2019 è l’annus Leonardi, c’è poco da dire. Da Firenze a Milano, da Roma a Parigi, ovunque il Maestro abbia soggiornato si organizzano mostre ed eventi di varia natura che ne celebrano la grandezza e l’unicità.

Già, Parigi… c’è un posto, a Parigi, che è pieno da scoppiare di opere leonardesche. Pare sia stato l’antico palazzo dei reali di Francia, poi qualcuno ha avuto la balzana idea di trasformarlo in un museo e di piantarci nel mezzo una piramide di vetro… lo hanno infarcito di meraviglie italiane, una marea di opere d’arte che, chissà come, qualcuno ci ha arrubbato e ha portato bellamente fino all’antica Lutetia.

Quel qualcuno mi pare si chiamasse… Pantaleone… no, ah, ecco, si chiamava Napoleone, e alle sue prodezze ladresche, alle sue scorribande da filibustiere in Europa è dedicata una pagina di Wikipedia intitolata nientemeno che furti napoleonici.

Roba da matti!

Uno dei dipinti di Leonardo custoditi al Louvre: San Giovanni Battista, a cui io assomiglio.

Pillola: la questione della restituzione parte 2 e i qui pro quo intorno ad un aggettivo. Buon 25 Aprile!

È della fine di Marzo la notizia che l’Italia restituirà alla Cina più di 700 opere d’arte di varie epoche.

La Francia fa orecchie da mercante e non dice nulla. Quando ci ridate quello che Napoleone ci ha arrubbato? Quando lo svuotate, quel museo con la piramide di vetro?

Altra notizia, fresca fresca di telegiornale: Macron parlerà infine delle misure che prenderà in relazione a quanto è emerso dal grand débat. I giornalisti non fanno che discutere della soppressione di un giorno festivo e dell’istituzione di un’altra giornata di solidarietà. Sono decisioni che possono urtare la sensibilità collettiva, ecco perché pare che il presidente dovrà spiegare in modo pédagogique.

Non mi è chiaro perché Macron debba mettersi in cattedra e bacchettare la classe indisciplinata come un maestrino che applichi i principi della pedagogia per educare bambini turbolenti. Così sono andata a guardare le mot pédagogique sul dizionario di francese.

Mentre in italiano è limitato all’ambito stretto della pedagogia come disciplina dell’educazione infantile, in francese, più genericamente, significa “educativo”.

Non posso fare a meno di notare un certo accento paternalistico nell’uso di questo aggettivo in francese.

Eh beh…

Buon 25 Aprile! Qui io lavoro, l’armistizio della seconda guerra mondiale si festeggia l’8 Maggio. Inoltre “Bella ciao!” è diventata una hit estiva con Maître Gims che la sbraita da dietro i suoi occhiali da sole da 9000 euro.

La vita, talvolta, è amaramente sarcastica.

Pillola: la questione della restituzione

Quando si parla di “restituzione” e il contesto in cui quella parola salta alla bocca degli astanti è franco-italiano, essa assume un solo ed unico significato: Monna Lisa e le altre.

Tutte le opere d’arte che Napoleone ha sgraffignato e portato nel suo impero, ora custodite in massima parte al museo del Louvre, sono oggetto di una contesa che è come un carbone ardente nascosto sotto la cenere: si inizia con facezie, vanesi discorsi da salotto, si passa lentamente ad innocue celie dal sapore piacevolmente campanilistico per poi improvvisamente finire in bisticci pungenti e amari.

La cosa peggiore è quando tutto questo accade ad una riunione di famiglia, e per fatalità è la primissima a cui si è invitati, il “ballo delle debuttanti”, il banco di prova su cui viene soppesato il valore dell’elemento che ambisce ad entrare nella squadra.

L’amore può tutto, ma non mi farà mai cambiare idea: ridateci Monna Lisa e le altre!

 

Informazione: La Gioconda fu portata in Francia da Da Vinci stesso, a quanto pare. Napoleone non c’entrava niente, in quest caso, anche se, ricordiamolo, fece bottino di centinaia e centinaia di bellezze nostrane. Se qualcuno, illo tempore, lo avesse detto al povero Vincenzo Peruggia, la storia si sarebbe vista espropriata di uno dei furti d’arte più clamorosi e gustosi che siano mai stati commessi.

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Marcel Duchamp, “L.H.O.O.Q.” – Elle a chaud au cul (Ha caldo al culo).